domenica 14 aprile 2013

Il leone che si credeva una pecora

Narra una leggenda indiana di un leone abbandonato alla nascita dai suoi genitori ed accolto in un gregge di pecore. Egli crebbe all'interno di quella comunità fino a divenire un magnifico esemplare adulto. L'unica cosa diversa che aveva dagli altri leoni era data dal fatto che, al pari delle pecore, si nutriva di erba e non di carne. Accadde un giorno che il gregge venne attaccato da un leone selvatico affamato. Egli, prima di saziare la sua fame, uccise e terrorizzò un bel numero di pecore. Il leone cresciuto in mezzo alle pecore si comportò come queste ultime, fuggendo e belando spaventato.

Il leone selvatico, accortosi dell'anomalo comportamento del suo simile, lo inseguì fino a raggiungerlo e bloccarlo, allo scopo di capire il perché di quel comportamento anomalo. A quel punto interrogò lo strano leone che si credeva pecora e gli chiese: "Perché fuggi da me?" E l'altro, tutto tremante, rispose: "Pietà, promettimi che non mi mangerai!"
(Immagine presa dal web)

A quel punto, il leone selvatico, incuriosito da quel comportamento strano, prese l'altro leone per la criniera e lo fece specchiare sulla superficie di uno stagno. Dopo un pò gli chiese: "Vedi? Fra me e te non c'è nessuna differenza! Smetti di belare e di mangiare l'erba e torna alle tue vere origini!"

Ho voluto cominciare oggi con questo bel racconto per testimoniare come la gente, sempre più spesso, sembra avere difficoltà a riconoscere e sfruttare le sue reali potenzialità. Ciò a causa dell'ambiente castrante nel quale vive. Sin dalla più tenera età, il bambino viene sottoposto ad un indottrinamento, frutto delle aspettative da parte degli adulti.

Attraverso questa programmazione, gli adulti cercano di creare altri esseri artificiali. Dopo il processo di indottrinamento, umani rimarranno solo di nome, solo per classificazione, niente più. Le loro idee, la loro creatività come i loro sogni, verranno bloccati da qualche parte all'interno del loro cervello, per dare spazio ai bisogni della collettività.

In poche parole, delle creature divine, vengono convinte, attraverso la programmazione, di essere solo dei comuni mortali con dei compiti ben specifici e senza aspirazioni particolari. Ecco nascere la società di pecore nella quale viviamo. Questa società esalta i mediocri e sopprime i talenti. In questo tipo di società, chi pensa e crea in maniera autonoma, è considerato folle e utopista. Ciò in quanto chi pensa in modo autonomo e consapevole è destinato ad uscire dai binari, dando così fastidio a chi sta in una posizione di potere.
(Immagine presa dal web)

Ecco nascere le brave persone, orgoglio dei professori e di mamma e papà. Ma, in realtà, queste "brave persone" altro non sono che dei meccanismi a tempo prodotti in serie allo scopo di servire la società senza ribellarsi. Essi hanno dimenticato le loro capacità creative, perdendo il desiderio di porsi le domande giuste e di nuotare controcorrente.

Solo poche persone sono educate alla critica e alla creatività. Queste persone, però, non sono figli di gente comune, bensì fanno parte di famiglie già al potere. E' interesse dei vertici del potere mondiale dare un'educazione di tipo uniforme in strutture pubbliche. Attraverso questo tipo di educazione, il loro scopo è quello di non permettere alla gente comune lo sviluppo dello spirito critico e della capacità creativa. Ciò in quanto danneggerebbe l'interesse dei vertici al potere.


Ecco così nascere delle pecore che hanno scordato le loro origini da leoni. Dei re che vivono da mendicanti, da schiavi. Poichè, però, i tempi sono ormai maturi, sempre più persone vivono dei disagi di tipo spirituale molto profondi. Questo li porterà o alla follia o a ricordarsi di Se. Ecco allora nascere sempre più ricercatori spirituali, sempre più gente insoddisfatta di se che decide di lavorare e crescere.

Solo la crescita interiore potrà portare le persone a sviluppare e realizzare le proprie potenzialità ed aspirazioni. Solo il distacco dal mondo meccanico permetterà uno sviluppo completo dell'Essere Umano Vero. Attraverso la continua vigilanza su di Se e prendendo, al contempo, coscienza dell'artificiosità della vita alla quale siamo assoggettati, potremo disconoscere l'ego e riconnetterci col Divino che è sempre stato in noi.


Ciò ci permetterà di avere il coraggio, SOLO se lo vorremo, di smetterla di belare e cominciare a ruggire. Da quel momento, riconosciuta la nostra regalità, smetteremo per sempre di inchinarci al giogo della mente programmata, per vivere finalmente liberi e sovrani di noi stessi.

Vincenzo Bilotta